Racconti umoristici

Crouch End, e altri racconti. cap.II

Continuano le avventure nei nostri investigatori dell’occulto nel mondo di Mr. Lovecraft. Eravamo rimasti al loro ingresso nella fredda tomba dei De la pore dopo l’orroe di Hexam Priory; scopriamo insieme cosa troveranno dall’altra parte

Capitolo 2. 

Crouch End

Il mondo non è fatto solo di ciò che vediamo, tocchiamo e sentiamo; alcuni posti sono a noi preclusi in maniera ben più ermetica che da porte blindate e simili modernità, ma capita che quelle aperture, quelle sottilità, si strappino di tanto in tanto e che colui che si trovasse, suo malgrado, a camminare nelle sue prossimità si ritrovasse in posti di cui non sospettava l’esistenza e in cui non è il benvenuto.

Uno di questi posti circondava i nostri.

Crouch End era la scritta che dominava sopra di loro.

Il terreno sotto i piedi era in solido acciottolato inglese, le tipiche case a tre piani inglesi li circondavano ma il cielo sopra di loro niente aveva di rassicurante o normale, un infiammato tramonto arancione riempiva il cielo nella sua interezza facendo presagire un nefasto futuro. Di lontano il professore sentì il brusio lontano e indistinto del traffico londinese provenire da sud-est e Clark ricordò vagamente di un quartiere londinese nominato Crouch End nella periferia nord-est della città, un posto tranquillo e periferico dove non succedeva mai nulla ma dove, di tanto in tano, la gente spariva senza tornare mai più alla civiltà.

Cominciarono a muovere i primi, incerti, passi per le vie deserte di Crouch End e ben presto notarono che le vetrine dei negozi erano oscurate da volute di sapone e nessun comignolo dava fumo. Le attività parevano tipiche attività di quartiere, panettieri, droghieri, un barbiere, ma le insegne nominavano strane cose come Cthulhu e Iog-shotott.

Il sergente notò sui loro passi un tacco di scarpa da donna, nuovo e perso di recente; non erano soli per quelle strade.

Il tenente fece per entrare in una delle attività che si affacciavano sulla strada una libreria sembrava la cui porta era sprangata. Puthnam, che si era impossessato del Necronomicon poco prima, tracciò il Simbolo degli Antichi sullo stipite della porta ed essa si aprì con uno scatto.

Fù mentre entrava che Clark venne assalito in volto da un grosso gatto nero che quando cadde sul pavimento, orrore! Metà del volto della bestia era stato scarnificato da chissà quale terrificante ed epica battaglia, una grossa cicatrice accecava un occhio e l’orecchio sinistro era mancante; soffiò malvagiamente verso gli intrusi per poi andare a sedersi sopra uno scaffale e vegliare sui loro movimenti.

La libreria era deserta di altri esseri viventi ma piena di libri stesi a mano di un’epoca indefinibile, quasi tutti scritti in arabo antico che l’archeologo Rock cominciò a sfogliare.

Puthnam frugò sulla e attorno alla scrivania del proprietario dove riuscì a scovare un vecchio registro dove trovò, con una buona ricerca e un’intuizione sul metodo di catalogazione storica araba, il nome del libro da loro tanto cercato.

Il libro di Dzyan era stato li negli ultimi anni del secolo precedente, nella stessa data in cui il nonno di Walter Delapore massacrò la sua famiglia e fuggì nelle lande d’America, lontano dagli orrori della propria innominabile famiglia.

Il grosso gatto nero si strusciò sulle gambe del dottore che, passando facilmente il ribrezzo, lo prese fra le braccia e lo esaminò. La bestia pareva lì da innumerevoli anni e forse poteva conoscere dei dettagli sulla scomparsa del libro da quegli scaffali.

C’era un passo del Necronomicon che il dottore aveva sfogliato di recente che nominava, e trascriveva, alcune lettere; l’alfabeto di Nug-Soth, lettere impiegate nelle sacre iscrizioni e nell’arte talismanica.

Il dottore trascrisse con quell’alfabeto su di un foglio la domanda di cosa sapesse il gatto sul libro e nella mente si sentì rispondere Nigger-man.

Al sergente quel nome suonava familiare, era il nome del gatto favorito da Walter e doveva essere finito lì trent’anni prima, all’epoca della fuga del padrone dal maniero.

Il gatto, dunque, non poteva conoscere i fatti li accaduti ottant’anni prima ma seguì i nostri per le tortuose strade di Crouch End dopo essere stato nutrito dal dottore con il contenuto di una vecchia lattina.

Il sergente volle sperimentare le sue teorie su ciò che il Necronomicon conteneva; si era interessato a quel libro e anche se non riusciva a comprendere le complicate spiegazioni su questi antichi dei e sulla loro progenie c’era una parte che quell’uomo cresciuto fra le sudice strade dei ghetti di new York conosceva molto bene: i simboli. La grande e pericolosa città dove era cresciuto portava in grembo centinaia di simboli che segnalavano territori, gruppi e strade e mettevano in guardia l’avventato avventuriero che giungeva fin nel fondo di quel lugubre ventre cittadino. Il sergente credeva molto nei simboli, soprattutto nei suoi, quelli che lo contraddistinguevano come un capace uomo di guerra, e nella scritta della propria unità, un motto di fiducia e di unione.

Quel posto pareva un lucido incubo, e il sergente non voleva lasciarlo senza aver prima intaccato in qualche modo l’oscena sacralità di quel luogo. Fù per questo che scrisse il motto della compagnia a grandi lettere su di un muro servendosi di un pennello e qualche colore rinvenuti nei fondi di un magazzino con le lettere di Nug-Soth (ad uso talismanico) trovate nel Necronomicon.

Rendez vous col destino”

Nel momento preciso in cui anche l’ultima lettera fù tracciata un grido di donna giunse dall’altra parte della strada. La poverina si precipitò nella loro direzione, era scarmigliata e stralunata e mancante del tacco di una scarpa.

La giovane donna si dichiarò cittadina americana e, fra le lacrime, raccontò in maniera disarticolata la scomparsa del marito Leonard Freeman per quelle strade inospitali.

Disse loro che un taxi li aveva portati li seguendo le loro imprecise indicazioni, ma poi era sparito nel nulla. Dei bambini li avevano bersagliati di insulti dall’altra parte della strada, bambini strani, dalle piccole mani deformi. Orrore nella sotterranea, sessanta dispersi, era quello che aveva letto sul notizzino di un’edicola prima di perdersi per queste strade. Quando la donna vide il grosso gatto nero di nome Nigger-man cadde nello sconcerto. Disse che quello stesso gatto li aveva seguiti fino a quando suo marito era scomparso nei recessi bui di un sottopassaggio; una grossa ombra nera con gli stessi occhi verde veleno le aveva tirato il soprabito e aveva parlato, chiedendole da accendere.

Era fuggita.

Il dottor Clark riuscì a calmare la povera donna e a metterla in salvo issandola nel buco da cui erano passati e ordinandole di cercare il guardiano del cimitero, farsi aprire e prendere il primo aereo per New York senza guardarsi indietro. Le diede anche il proprio biglietto da visita rassicurandola sul fatto che l’avrebbe presa in cura lui stesso appena tornato a New York.

La povera creatura tremante promise che avrebbe fatto tutto come ordinatole e sparì nel pertugio verso la salvezza.

Hey doc, hai da accendere? l’uomo si girò e una grossa ombra nera alta più di due metri gli fece cenno da un anfratto buio, gli occhi verdi di nigger-man lo scrutavano sogghignanti.

Il dottore era un uomo di grande coraggio e non ebbe timore di avvicinarsi alla nera creatura pelosa, cosa che non riuscirono a fare né l’irlandese, che nel frattempo aveva trovato un’armeria dove armarsi di fucile e un coltello forgiato a mano, né il professor Rock che si tennero ben a distanza della infausta bestia.

La creatura parlava un inglese da vicoli, una parlata cocney sporca e gutturale e metteva i brividi al sentirla.

Gli uomini vennero messi al sicuro dalla mole del sergente che si frappose fra loro e la creatura sfoderando una tempra d’animo per lui non inusuale dal quale l’animale, se ancora così lo si poteva definire, rimase molto colpito.

Nigger-man rispose di buon grado alle domande degli uomini spiegando loro che i suoi attuali padroni gli avevano ordinato di condurli verso la salvezza da quelle strade nefaste. Gli stessi padroni gli avevano donato quella forma e una lunga vita ai loro ordini e che anche loro, se avessero voluto, avrebbero potuto richiedere gli stessi privilegi se avessero accettato quei nuovi dei.

Quando chiesero del libro che cercavano esso rispose che, per ciò che ne sapeva, rappresentava la strada di mattoni gialli che avrebbero dovuto percorrere per trovare poteri che andavano oltre le possibilità umane; seguendo le tracce che lasciava il libro avrebbero trovato la conoscenza e la conoscenza alla comprensione e forse chissà, anche all’accettazione.

Nigger-man fece strada verso l’uscita da Crouch End passando per quello stesso sottopassaggio che aveva distrutto la vita coniugale dei Freeman. Crouch End aveva molti ingressi e solo due tipi di visitatori, quelli che vi si perdevano e coloro che cercavano qualcosa; per i secondi la salvezza, per i primi l’oblio.

Il dottore chiese se altri cercatori erano passati per quelle stesse vie prima di lui cercando il libro, un uomo, disse Nigger-man, era stato visto spesso; odorava di colori ad olio e aveva portato via alcune tele da un negozio; ma non ne conosceva né il nome ne la provenienza; infondo, rispose con un sogghigno, era solo un gatto.

Clark pareva incuriosito dalla bestia e gli propose di aggregarsi a loro, essa diniego la proposta, ma disse che non se ne sarebbe dimenticato e che forse un giorno avrebbe accettato; quando meno il dottore se lo fosse aspettato.

Segui la strada doc, e non ti perderai, fù l’ultima cosa che disse prima di sparire per le strade ormai buie di Crouch End.

Scossi da quell’evento i nostri si diressero ad un pub dove rimediare un pasto e il rassicurante calore della modernità di una società viva e ben lontana dalle stranezze che li avevano assediati fino ad allora.

Era la sacra notte di Natale; le strade erano allegramente illuminate e una banda passò per le strade declamando gioiose canzoni natalizie.

Nel pub un giovane ebbe la malaugurata idea di apostrofare il provato Sean che non si fece perdere l’occasione di scaricare i provati nervi in una rissa che vide il londinese avere la peggio anche per colpa del sergente che spalleggiò il giovane amico.

Trovarono velocemente una confortevole locanda dove passare la notte fino al giorno dopo che l’irlandese e il sergente spesero da un abile tatuatore mentre Clark e Rock cercarono risposte in una libreria di occultismo in centro.

Sean e James condivisero un piccolo tatuaggio dalle effigi di gatto nero per ricordare gli eventi appena trascorsi, ma fù il sergente a spendere più soldi coprendo il proprio corpo con quegli stessi simboli trovati nel Necronomicon e che, fino ad allora, si erano rivelati così utili.

Il dottore ebbe un’interessante conversazione con l’anziano sacerdote calvinista che governava la libreria; chiese se era possibile sapere di un pittore contemporaneo, di probabile origine inglese, che poteva aver dipinto il ritratto di William Delapore trent’anni addietro.

Il dottore ricordava bene lo strano quadro trovato nella dimora dei Delapore e supponeva potesse esserci un collegamento fra il pittore e quello stesso individuo di cui Nigger-man gli aveva parlato aggirarsi tra gli odiosi vicoli di Crouch End.

L’anziano studioso conosceva le storie inquietanti che giravano su Crouch End e promise loro che, nonostante sul momento non avesse nulla per cominciare una ricerca, si sarebbe impegnato nei giorni seguenti per trovare, se non un nome, almeno un indizio sull’artista. Notando lo scontento dell’impaziente Clark l’anziano affermò anche di aver sentito di recente strane storie che riportavano non ad un pittore ma ad un suonatore di viola che viveva a Parigi.

Spesso la strada di mattoni gialli ti conduce dove non crederesti mai di dover andare.