Racconti umoristici

La gente delle 10. cap. V

Dopo tanto tempo riprendiamo il nostro romanzo a puntate. I nostri lovecraftiani eroi sono in viaggio a tempo ormai ma la loro avventura non sembra essere alla fine; hanno stretto patti e conosciuto alleati e altri misteri si sono infittiti attorno a loro, nuove orribili scoperte di mostri abissali e civiltà immortali hanno sconvolto le loro menti. Hanno fatto del bene e sconfitto terribili nemici, ma ora il viaggio è ripreso vorticoso a dimostrare che l’universo del solitario di Providence è molto più vasto di quanto racconti la sua bibliografia.

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Capitolo V

La gente delle 10

Lemuel e Jeremy dovettero obbligatoriamente spingere il furgoncino rotto sul ciglio della strada ed abbandonarlo lì, camminare per le vie di New York circondati dagli apprezzamenti dei passanti.

La città era divenuta ancora più caotica e fetida di quanto ricordassero; l’odore tipico della grande mela non era cambiato nel tempo, un misto di urina, sudore e spazzatura.

I newyorchesi ora vestivano con maglie colorate e cappelli con visiera; le donne portavano i pantaloni e si vedeva più pelle di quanto i due fossero abituai a vedere.

Che ne era stata di Teresa O’Neil? Non trovarono la macchina dove l’avevano intravista e pensarono che qualcuno, magari coi capelli rossi e un evidente debole per la ragazza, potesse essersi preso cura di lei, decisero di attendere la sua ricomparsa esplorando quella città nuova ai loro occhi.

Vi trovarono grattacieli di vetro e cemento alti come montagne, macchine veloci e colorate, musica assordante e volgare che feriva loro le orecchie  ma i musei erano gli stessi sebbene mal frequentati e nel complesso potevano dirsi a casa.

Provarono a ritirare i propri soldi in banca ma ci furono parecchi problemi quando Jeremy mostrò un documento scaduto da trentanni; per loro fortuna il direttore dell’istituto venne blandito da alcune delle informazione da giornalista degli anni ’30 e i due poterono allontanarsi con i loro soldi, rimaneva ora il problema di farsene di nuovi di documenti, problema che risolsero quando papa Lemuel notò un negro dagli sgargianti vestiti dai colori tipicamente esotici del continente africano e un sigillo bene conosciuto al collo.

L’uomo, di nome Akil, si presentò come un credente della religione onorata dai due amici e fu felice di ospitarli in casa propria nel proprio piccolo appartamento a piano terra nella vecchia Brookling e di trovare il modo per procurare loro dei documenti utilizzabili.

L’appartamento del nuovo amico si rivelò essere coabitato da un’adolescente di sedici anni di nome Maribelle; la giovine fece presto amicizia con Jeremy e venne ben presto ammaliata dalle strane conoscenze voodoo che papa le mostrò mentre interessò Jeremy con la musica moderna che ascoltava. La ragazza si occupò di portare entrambi ad acquistare abiti adatti all’epoca per non attirare ulteriormente l’attenzione e passò uno spensierato pomeriggio col giornalista.

Nel frattempo Teresa O’Neil chiacchierava amorevolmente con una donna di malaffare conosciuta in cella di nome Crystal.

Pareva che alla polizia di New York non fossero piaciuti i suoi documenti quando, guidando con la macchina di Lemuel dopo aver portato Zadock dai Ghardner, si era ritrovata dalle tranquille pianure paludose di Innsmouth alle trafficate strade della grande mela in contromano.

Ma non dovette attendere a lungo nello squallore della cella; un uomo alto, dal sorriso beffardo e dagli inconfondibili capelli rossi come il sole si presentò alla sua cella con abbastanza soldi da pagare cinque cauzioni.

Mad Sweeny la prese in giro ma la portò anche, ancora smarrita e stupefatta, dai propri amici dall’altra parte della caotica città che, nel frattempo, avevano trovato rifugio in una casa comune appartenente a uno dei pochi bokor presenti nella città il cui indirizzo era stato loro dato da tale maman Rosalì, una voce calda e gentile dall’altra parte del telefono con il quale papa Lemuel aveva cercato aiuto a New Orlenase.

Quando Teresa suonò il campanello nel quartiere di Brookling dove la moneta fortunata di Mad Sweeny li aveva portati, un gentile vecchio negro la accolse con tutte le cortesie nel proprio salotto dove Jeremy e Lemuel la attendevano; il giornalista sfoggiando un lussuoso completo bianco.

I nostri avevano già visitato tutti i posti più interessanti di New York durante il pomeriggio indagando su quale tranello gli Antichi avessero tramato per loro; quali orrori la vecchia e confusa città nascondeva alla vista? Quali nuove mostruosità avrebbero dovuto affrontare? Ma nella loro ricerca del bizzarro solo una cosa strana era accaduta di fronte a loro.

Nel vasto piazzale di cemento e marmo che si estendeva di fronte alla banca un uomo, un uomo giovane e ben curato, aveva dato, letteralmente, in escandescenza.

Stava fumando quando aveva strabuzzato gli occhi e fatto cadere con mano tremanti la sigaretta; qualcosa lo aveva terrorizzato a tal punto da non permettergli di gridare; il viso bianco come cera, le mani molli e le ginocchia lo avevano abbandonato; una mano amica lo sorresse.

Prima che potessero intervenire un bell’uomo sulla trentina, un mulatto, si era avvicinato a quello che doveva essere il collega di lavoro.

Non lo aveva tranquillizzato come si fa con qualcuno che subisce un attacco di panico o che si crede colpito da momentanea insanità mentale; nei suoi occhi, anche da lontano, si poteva vedere una stabilità ed una persuasione che avevano subito calmato il collega; qualunque cosa l’uomo avesse visto passargli davanti in quel piazzale, il collega l’aveva vista anch’egli, e possedeva delle risposte.

L’evento li aveva molto incuriositi e si erano prefissati di tornare di fronte alla banca il giorno dopo.

Rividero la coppia di colleghi che fumavano in pace nel piazzale, notarono anche che nel piazzale erano presenti le stesse persone del giorno prima. Notarono che l’orario era lo stesso, notarono una giovane donna affascinante in gonna rossa leggere un libro sulla stessa panchina su cui era seduta il giorno prima, notarono che tutti loro fumavano come qualcuno che non attendeva altro che quei dieci minuti di libertà dalle soffocanti pareti dell’ufficio, ma nulla di strano accadde.

Lo steso fu per il giorno dopo, così non si fecero scappare l’occasione di pedinare la coppia all’uscita dall’orario di lavoro.

I due li condussero in un pub distante pochi isolati dove si appartarono nella zona fumatori. Erano totalmente immersi in una conversazione quando Lemuel cominciò distrattamente a parlare con loro.

I due giovani rimasero guardinghi e attenti, ma non si sottrassero alla conversazione.

Agli occhi attenti di Freeman non sfuggì che il giovane caucasico era nervoso e dava continue occhiate alla porta, sembrava temesse che potessero sentirli, o vederli; notò anche le occhiate di disgusto per loro e le loro sigarette da parte degli altri commensali.

La zona adibita ai fumatori sembrava più un’area carceraria che non la sala di un pub. I tavoli erano più rovinati di quelli della loro controparte salubre, la stoffa delle sedie imbottita pulita e lo schermo dell’apparecchio televisivo nuovo, al contrario del loro.

Ma fù Lemuel a notare il particolare più importante. Alle sue spalle la orribile televisione gracchiava insistentemente, quando il più giovane dei due avventori, Fred era il suo nome, sbarrò gli occhi, per un attimo sbiancò e le mani gli tremarono; anche l’amico notò la cosa ed impercettibilmente, ma con fermezza, afferrò il braccio dell’amico, come a far forza; la stretta ebbe il suo effetto positivo e Fred riprese rapidamente colore, ma non staccò gli occhi dallo schermo luminoso.

Fra le varie arti del bokor ve ne era una che aveva aiutato in molte occasioni papa Lemuel; un bokor o una maman capace possono prendere in prestito e vedere con altri occhi il mondo che li circonda, e fu quello che papa Blackmore fece.

Ma non era preparato a quello che vide, nessuno poteva esserlo.

Una grossa testa grigio cenere, ricoperta di purulente vene rosa rigonfie di liquame della densità e del colore della pece, occhi neri grandi come piattini da caffè spianati e famelici, il grosso cranio che penzolava molliccio e subumano sul ridicolo collo, un naso ridotto a due fessure verticali frementi e i denti, denti immensi e acuminati in una bocca altrettanto larga tagliavano a metà quella faccia terrificante a vedersi e orrenda a descriversi.

Questo vide Lemuel nello schermo dell’apparecchio.

Quello che stava guardando tenere un comizio al telegiornale della sera era il vice presidente degli stati uniti.

Una verruca purulenta sul cranio abnorme si crepò e scoppiò facendo colare l’osceno pus all’esterno sulla fronte bitorzoluta e su quel volto raccapricciante.

Lemuel ci mise molto a capire cosa stesse guardando e altrettanto a rassicurare i due di fronte a lui e a spiegare a Jeremy la situazione.

I due impiegati, rassicurati adeguatamente, si aprirono finalmente con loro.

Era notte inoltrata quando Lemuel e Jeremy tornarono alla casa sicura.

I giovani uomini avevano dato loro appuntamento il giorno dopo in tarda serata.

I nostri si radunarono la notte nel confortevole salotto della casa sicura per comprendere la situazione.

Avevano viaggiato in avanti nel tempo di settantanni, trasportati sulla via degli Antichi per trovare un mondo caotico e colorato in cui la moralità non riguardava più la rettitudine personale o la religione, ma i vizi personali, le abitudini, come il fumo.

Fred e Brendon avevano tentato di spiegare al meglio la situazione e quella che ne era scaturita fù una storia di disagio e di profonda solitudine sociale; tutto era nato dal fumo. Dal divieto del fumo per la precisione. Era importante il fumo di sigaretta in questa storia, e la dipendenza da esso; qualche anno prima i medici avevano cominciato a dire a tutti che le sigarette uccidevano e procuravano malattie incurabili a chi le fumava e a chi stava loro vicino, sopratutto a chi stava loro vicino.

Questo aveva causato non il panico, bensì un lento, ma inesorabile processo di ghettizzazione verso coloro che si ostinavano ad aspirare quello che era divenuto il nuovo nemico pubblico. Tutti avevano smesso di fumare, o quasi tutti; gli irriducibili continuavano a ciucciare il fumo azzurro ogni volta che veniva loro permesso, permesso reso sempre più raro dal disgusto e il risentimento che la società aveva per loro, poveri reietti incapaci di cambiare, troppo dipendenti dai sottili chiodi di bara per smettere.

Così quelli che restavano avevano cominciato a riconoscersi fra di loro, a considerarsi come una tribù; Fred li aveva soprannominati “la gente delle dieci”riferendosi a quella pausa delle dieci di mattina che tutti gli uffici devono rispettare per i propri dipendenti; mentre gli altri ne approfittavano per una caffè, per una passeggiata e altre cose salubri e produttive la gente delle dieci si riversava su tutti i piazzali di marmo di tutti i grattacieli di New York a fumare, con la pioggia o col sole, le proprie tristi sigarette. Questo aveva portato a qualcosa di assolutamente inaspettato. Erano divenuti inconsapevolmente capaci di vederli.

La cosa era cominciata lentamente e nessuno di Loro pareva essersi accorto di quella bizzarria; l’astinenza da sigarette portava a uno squilibrio chimico, una capacità particolare, apriva qualche strana capacità sopita e permetteva di vederli per quello che erano; osceni mostri famelici.

Erano in molti, in troppi, occupavano le più alte cariche dello stato; erano capi di governo, ricchi imprenditori, politici, banchieri, presidenti; gli uomini pipistrello.

Nessuno di loro sapeva come fosse possibile, ne quando fossero giunti, se fossero sempre stati lì, ma i potenti della terra non erano umani.

Questa scoperta aveva portato alla follia non pochi, ma quelli che avevano resistito, troppo raggelati dalla scoperta per reagire o abbastanza lucidi da non farsi scoprire, avevano fondato un gruppo che si riuniva una volta a settimana per cercare una soluzione, per combattere quelle oscene mostruosità, la gente delle dieci.

Quella scena di panico a cui avevano assistito la mattina prima era Fred che vedeva per la prima volta la seducente donna a capo del suo reparto grondare il suo osceno liquame grigio sul marmo del piazzale fasciata nel suo completo da duemila dollari.

La gente delle dieci e gli uomini pipistrello.

I nostri furono puntuali nel presentarsi alla libreria “Smarty Duck” a tarda notte; vi trovarono al bella ragazza in rosso, l’inserviente che fumava con aria distratta, Fred e , naturalmente, Brandon che, alla spicciola, entrarono senza farsi troppo notare nella piccola libreria di periferia e fu lì, nel sotterraneo, fra scatoloni di libri che odoravano di muffa e polvere che Jeremy, Lemuel e Teresa incontrarono la resistenza della città. Una trentina di persone capitanate da un uomo dai capelli rossi, le mani callose e gli indumenti da manovale che venne loro presentato col nome di Robbie Del Ray.

Ma quel pomeriggio, nel piccolo ma accogliente salotto della casa sicura i nostri erano giunti ad una conclusione prima di andare al misterioso incontro della sera, servivano loro più dati. Potevano essere l’unica speranza effettiva per la sopravvivenza della gente delle dieci e non erano rimasti soli nelle loro elucubrazioni.

L’anziano della casa era rimasto molto impressionato dai loro racconti e assolutamente intenzionato ad aiutare; non vantava le capacità di papa Lemuel, ma la vecchiaia lo aveva premiato con molta saggezza e molte conoscenze che condivise volentieri coi suoi insoliti ospiti. Non era padrone di una casa sicura della comunità nera delle isole solo perché di indole buona e premurosa.

Quando erano giunti sulla terra gli uomini pipistrello? Cos’erano? Appartenevano forse alla progenie stellare degli antichi? Era possibile rispondere a queste domande con un bacile d’acqua e la dovuta formula; una preghiera a chi conosce tutte le strade e dinnanzi ai quali occhi il tempo si srotola e si mostra come un unica epistola di informazioni, siano esse passate o future.

Papa Legba mostrò loro cosa era successo e quello che videro fu ancora più spiazzante di ciò che temevano.

Nel piccolo scantinato muffoso e mal illuminato Del Ray parlò a lungo, si complimentò coi suoi seguaci del lavoro ben fatto degli ultimi mesi, di come erano stati portati nuovi membri, informazioni e di come, con fermezza, avessero continuato a vivere la loro vita di tutti i gironi senza perdere quella tempra che chiunque altro avrebbe presto vista sfibrarsi in breve tempo. Del Ray era un’omo come ve ne sono pochi; affascinante, ottimo parlatore, nonostante le mani di chi fa lavori di fatica e l’abbigliamento della classe operaia era un uomo affascinante e pieno di carisma; Jeremy non pote non notarlo, e i suoi occhi attenti da giornalista notarono come la sua platea di adepti lo guardasse, con la fiducia cieca che si dona ad un leader, e notò anche come lo guardava il giovane Fred; il ragazzo era geloso, geloso delle attenzioni che Del Ray attirava su di se, sopratutto quelle del fascinoso Brandon, e curioso, e impaziente. Fred voleva sentir al più presto parlare del motivo per cui erano tutti lì, gli uomini pipistrello, e scoprire ciò che celava il grande telo bianco al centro della stanza.

L’uomo dai capelli rossi continuava a parlare instancabilmente e a Teresa non piaceva, non gli piaceva chi blandiva, chi si pavoneggiava, e quell’uomo rappresentava perfettamente entrambi i difetti, e non piaceva nemmeno a Lemuel che si alzò facendo bella mostra di se e delle sue capacità esoteriche che impressionarono e incoraggiarono i presenti e mostrando un fascino tale che Del Ray poteva solo invidiare. Lemeul non era un uomo paziente e non era venuto lì per farsi annoiare le orecchie dalle vacue parole di un bianco pieno di sé. Così quando il servitore d’ombra strappò il velo bianco tutti poterono vedere null’altro che la gigantografia di un capannone di periferia vuoto.

Del Ray raccontò loro del suo recente tentativo di seguire alcuni dei loro nemici, e ricordò loro di quella volta, la prima e l’ultima, in cui rapirono uno di loro e di quanto questi si dimostrò astuto; loro erano intelligenti, loro erano potenti, loro erano resistenti, loro erano forti, loro erano disposti ad un compromesso, in quel capannone apparentemente vuoto loro avevano proposto una tregua.

Le finestre dello scantinato esplosero in un nugolo di schegge sporche.

Una foresta; quando il bacile fu pieno e le giuste preghiere recitate dal fumo dell’incenso fu una foresta di sequoie quello che i nostri videro riflessa nell’acqua del bacile divinatorio.

Il terreno porpora era duro e solo qualche rada chiazza di muschio vi cresceva, ma gli alberi, immensi nella loro secolare vastità, coprivano il cielo notturno con le proprie chiome in una volta celeste mormorante. Le sacche che risplendevano lievemente di una luce azzurra nel buio erano ovunque; un ombra si addensò all’interno di una di esse che si crepò e rovesciò il proprio contenuto grumoso e coperto di melma grigia sulla terra rossa; l’uomo pipistrello che ne uscì era perfettamente formato; gli occhi ampli come pozze di pece, la bocca affollata di denti primitivi, l’abnorme testa pulsante. L’immonda creatura si mosse tutt’altro che incerta sugli arti esili in scatti innaturali e fu solo allora che videro la vallata.

Il Bohemian Grove.

Come il loro ospite spiegò non senza stupore quella che avevano visto era una vallata molto antica e molto famosa fra i cospirazionisti dove, sembrava, i potenti della terra si riunivano per celebrare il loro potere dalla notte dei tempi.

Se era in quel luogo ancestrale che gli uomini pipistrello avevano deposto le loro uova non vi era posto migliore nel mondo da dove cominciare una strisciante scalata al potere per il dominio della razza umana.

Le donne della gente delle dieci lanciarono grida strazianti di terrore e dolore mentre le oblunghe mani artigliate afferravano loro i capelli, le luci al neon dello scantinato esplosero sulla folla impazzita colpite dagli spari dei fucili mentre Del Ray continuava a gridare alla folla di stare calmi, che era stata promesso loro un accordo a tutti coloro che si fossero arresi e avessero evitato di opporre resistenza; ma questo non fermò i fucili dei suoi accoliti più fedeli che continuarono a sparare sulla folla urlante in un’esplosione di liberatoria ferocia.

La piccola porta di compensato veniva martellata di colpi dall’esterno mentre la gente delle dieci cercava inutilmente salvezza. La loro più grande paura si era avverata, erano stati traditi da coloro di cui si fidavano ciecamente, la loro guida li aveva venduti ai mostri

Fiotti di sangue ornarono le pareti e riempirono col proprio odore ferroso l’aria angusta.

Fred salvò Brandon da un’ artiglio che cercava di cavargli l’occhio destro usando un gancio per serramenti mentre Jeremy fendeva l’aria col suo bastone e Lemuel faceva esplodere spalle e legamenti con la propria litania e il suo Gast che comparve dal pavimento ruggendo.

Ma non vi era nulla da fare, Del Ray nella sua meschina lucidità aveva avuto ragione, erano troppo forti, troppi di numero, troppo ben organizzati, troppo resistenti, troppo famelici, avevano circondato la libreria e la strage era incombente.

“Questo ti costerà Blackmore, ti costerà molto, molto caro”

Non era la voce benevola di Papa Legba quella che Lemuel sentì risuonare nelle orecchie mentre piantava il bastone al centro della stanza e pregava, ma quella voce esaudì le sue preghiere.

In un vortice lui e i due compagni vennero strappati via da quel carosello di sangue attraverso il tempo e lo spazio e quando ricaddero sul terreno rosso del Bohemian Grove le sacche melmose stavano schiudendosi.

Non c’era altro modo, gli uomini pipistrello erano arrivati troppo oltre con il loro potere e se volevano salvare la gente delle dieci, la società tutta, l’ordine e la razza umana da questa affamata progenie dovevano tornare al momento in cui erano più deboli.

Ma non esisteva abbastanza potere nel mondo per permettere loro di viaggiare nello spazio e nel tempo, Lemuel lo sapeva bene, eppure erano riusciti, ma non per l’intercedere del suo patrono, non era stata di Papa Legba quella voce.

Quella voce carica di rabbia, di una rabbia cieca, di quella rabbia che solo gli dei possono provare, quella era la voce del Barone Samedì.

Ma non vi era i tempo per ragionare su cosa fosse successo, le sacche si stavano schiudendo a grappoli e la battaglia che ne seguì fu uguale a quella che alcuni antichi libri religiosi norreni raccontano dei loro dei; qualcosa di così furioso e glorioso da lasciare il segno nella storia.

Lemuel richiamò a sé tutte le sue capacità e il panteon che serviva. Le ombra infestarono il terreno, i Gast scesero dalle sequoie ruggendo e le divinità vennero a banchettare alla battaglia; Jeremy suonò; era divenuta sua abitudine non spostarsi mai senza la propria chitarra e fu la musica che richiamò i poteri primordiali di Ogan Sih Wedo; la musica fece esplodere crani, in un crescendo infernale uccise e protesse risuonando fra gli alberi antichi come la terra stessa.

Ma fu Teresa colei che fece più vittime nella battaglia.

“Perché credi abbia scelto te?” quella vocina, la piccola voce infantile che aveva cominciato a tenerle compagnia da quella notte fatidica in cui aveva ballato con gli Dei di Lemuel e si era ricongiunta con Mad Sweeney non l’aveva più lasciata. Ella la stuzzicava con strane domande e le aveva messo nel cervello strane idee difficili da scacciare, come per esempio perché lei.

Mad Sweeny era una creatura dei Side, un leprecauno, un Re e un’anima solare e l’aveva stretta a se così forte quella notte, come qualcosa che aveva a lungo perduto, aveva sentito il suo amore, un amore caldo, grande, passionale ed avvolgente e l’aveva chiamata la sua dea, la sua luna.

E lentamente Teresa aveva cominciato a cambiare; non solo per la magia che ora le scorreva sulle dita come acqua corrente e che stava lentamente imparando ad usare, ma una seconda personalità era cresciuta in lei; qualcosa di primigenio si era risvegliato, non semplicemente una parte di se, ma una parte sopita di se, una versione primordiale di se; Teresa aveva cominciato a capire che non era più sola nel proprio corpo, non lo era mai stata.

Ecco chi amava Mad Seweney, ecco chi cercava, ecco perché lei.

La Morrigan esplose in tutta la sua sopita potenza.

La dea guerriera irlandese richiamò a se i suoi corvi, i capelli corvini le si muovevano attorno al viso come posseduti da un vento demoniaco e sul volto pallido erano comparsi i segni di un nero teschio umano; le pitture di guerra le coprivano il corpo muscoloso e tatuato e la spada che portava con se aveva visto battaglia che venivano ricordate dagli umani soltanto nei sogni.

Macha Morrigan strappò arti e fece vibrare la sua furia, la guerra, era nata per la guerra ed era la guerra; il delicato corpo di Teresa era più forte di quanto si potesse immaginare, la mente confusa ora una liscia superficie di ferro caldo; Morrigan richiamò le tempeste a se e con quelle fece piovere sul terreno rosso che presto si coprì di fango argilloso su cui era difficile correre e fuggire.

Ma nonostante questo rimanevano molte le uova aliene che continuavano a schiudersi, per quanto ne uccidessero altri prendevano il posto dei compagni e fu allora che l’ultimo degli invitati di papa Lemuel comparì loro davanti.

Una bolla di lattiginoso materiale traslucido era comparsa dal nulla e, aprendosi, lasciò una creatura che pareva in tutto umana, se non per l’altezza inconsueta e il volto coperto da un lacero cappuccio giallo; ogni sua veste era gialla, dal mantello consunto che gli copriva le spalle fino a coprire il terreno attorno ai suoi pedi calzati di consunti calzari gialli. Lemuel trasalì quando lo vide, la creatura fluttuava a pochi palmi dal terreno. Esso guardò nella direzione di Lemuel, schioccò le dita e tutto fu silenzio.

Gli uomini pipistrello vennero decimati e quei pochi che cercarono rifugio fra le radici delle sequoie vennero stanati ed uccisi e presto nulla di loro o della strana nave stellare che li aveva portati qui rimase sulla terra.

Lemuel diede fuoco a ciò che rimaneva della casa di quelle bestie immonde assetate di potere e fu con ancora il riverbero del fuoco negli occhi e le strida di sgomento nelle orecchie che ripresero a volteggiare per ritrovarsi nel muffoso sotterraneo buio.

Non c’era nessuno con loro, le luci erano spente, le finestre intatte, le scatole di cartone pieni di libri impilate le une sulle altre.

Non esisteva la gente delle dieci e non esistevano gli uomini pipistrello, mai erano esistiti se non su qualche stella lontana.

Guardinghi recuperarono l’uscita della libreria e tornarono sulla via di casa alla quale giunsero solo a tarda notte e, con la convinzione che la mattina dopo si sarebbero svegliati in un altra epoca ed in un’altra città si addormentarono esausti nei loro letti.

La mattina dopo la New York del ventunesimo secolo era ancora davanti ai loro occhi e sotto i loro piedi. L’arcana strada degli antichi non li aveva condotti da nessuna parte, forse erano imprigionati lì, forse non sarebbero più riusciti a tornare, forse che gli uomini pipistrello non fossero stati sconfitti definitivamente? Qualcosa era andato storto.

Ma non era la sconfitta degli uomini pipistrello, Lemuel controllò ovunque e la minaccia era stata sventata ma allora cosa era successo?

Decisero di ritrovare altrove le risposte, subire quello stato di immobilità dal loro folle viaggio li avrebbe consumati, quindi Lemuel estrasse dalla propria tasca un foglietto ripiegato su cui aveva segnato a matita il nome e l’indirizzo di Maman Rosalì, la donna che aveva loro fornito quel rifugio.

Salutarono il proprio amico e partirono nel pomeriggio con un volo di linea che in poche ore li depose all’aeroporto internazionale Louis Armstrong di New Orleans.