Racconti umoristici

Lady Chatterille non ha paura

La giovane signora Chatterille stava tornando, a braccetto di suo marito Lord Chatterille, a casa propria attraverso i bui vicoli di Nottingham, la notte di Natale.
La neve cadeva, bianca e cristallina, sui suoi vestiti di velluto nero, sulla sua pelliccia di volpe rossa e il cappello a cuffietta orlato d’argento; l’amplia gonna frusciava sulla neve nel silenzio innaturale che solo la neve può sprigionare, la notte di Natale.
Lady Chatterille camminava lentamente sul manto candido, i lampioni a gas erano lontani come stelle ed il buio circondava lei e lord Chatterille mentre attraversavano la strada vuota.
Erano soli, nemmeno i gatti uscivano dalle case o dai rifugi in quella fredda notte spettrale, una notte stregata.
Ma Lady Chatterille intravide qualcosa di chiaro nel buio, in mezzo alla strada non illuminata alla sua destra, qualcosa di immobile e pallido e si sentì osservata. Voltò appena il capo da dietro la spalla di suo marito e occhi slavati e grandi le ricambiarono lo sguardo.
Una donna dai vaporosi capelli rossi, di un rosso evanescente e malato simile alla buccia dei mandarini che milady aveva sbucciato pochi minuti prima alla tavola di Natale, e vestita dello stesso strano, innaturale colore, la fissava dalle tenebre con occhi troppo grandi e slavati, senza traccia di emozione, curiosità, disperazione o allegria.
Non c’era nulla in quegli occhi ed in quel viso troppo pallido, evanescente come la neve, come la nebbia.
Lady Chatterille era riconosciutamene una donna crudele nella nobiltà di Nottingham; una donna che amava metter paura con le sue storie e le raccontava ad ogni occasione appena qualcuno avesse fatto l’errore, spinto dalla curiosità, di ascoltare quella donna bella e brillante.
Aveva appena atterrito i bambini del vicinato raccolti attorno al tepore del camino mentre gli adulti si deliziavano delle golosità di Natale; quei bellissimi bambini dai riccioli biondi o neri e gli occhi azzurri avrebbero chiamato disperatamente la mamma o al balia quella notte, e lady Chatterille si deliziava di immaginarli in lacrime disperate ed inconsolabili mentre le madri li tenevano stretti ai loro seni ed i padri li minacciavano di frustarli se non fossero tornati di corsa nei loro letti, da soli, e al buio.
Una donna brillante e fantasiosa non dovrebbe mai essere lasciata ad annoiarsi.
Milady passò oltre, attraversando la strada, ma non vedeva il motivo di perdere l’occasione per portare ancora un poco di sgomento fra le strade di Nottingham nella magica notte innevata, dietro di se.
Milady, silenziosa, attese di essere sotto il ponte davanti ai loro passi prima di voltarsi con la sua migliore espressione disperata, allungare la mano libera dalla stretta del marito verso la sconosciuta e chiamare silenziosamente aiuto, come stesse venendo rapita, come stesse per essere uccisa.
Ma quello che vide nel buio la prese alla sprovvista; il viso pallido dagli enormi occhi freddi, vaporosi capelli del colore delle arance candite ora fluttuavano ad un vento inesistente, arti nudi e bianchi che si allungavano lentamente verso di lei fin quasi a sfiorarle l’orlo della gonna e una bocca spalancata su di un pozzo nero.
Fu come guardarsi in uno specchio per lady Chatterille, ma uno di quelli specchi distorcenti che i suoi più ricchi amici collezionavano nelle proprie wünderkammern.
Per la prima volta in vita sua lady Chatterille stava guardando un fantasma.
Ma lady Chatterille non aveva paura.
Il fantasma la stava imitando, o forse la voleva salvare, o forse ancora la disperazione era ormai l’unica emozione che riconosceva.
Milady si sentì ricolma di una sensazione nuova, che non era la noia, non era la letizia nel far del male ne l’eccitazione o il divertimento; era un’emozione che i suoi amici avrebbero ricondotto alla paura, se lei avesse saputo provare paura, e la paura senza l’incapacità di muoversi, privata dell’istinto di fuggire è un’emozione forte, e bellissima.
Milady sentì tutti gli arti congelarsi e riempirsi di spilli, il cuore battere forte come un tamburo, le ginocchia divennero deboli come per le vertigini e si sentì attratta e contemporaneamente repulsa dalla figura spettrale fatta di morte e dolore che fluttuava nel buio, e sorrise.
Voleva provare ancora quella sensazione, e voleva che altri fossero obbligati a provarla, aveva sempre desiderato che essere invitati in casa sua fosse pericoloso e spaventoso, una prova di coraggio per i suoi ospiti, un obbligo a cui i suoi facoltosi viziati amici non avrebbero potuto sottrarsi se avessero voluto che la prestigiosa famiglia Chatterille rivolgesse ancora loro parola.
Milady fece un cenno, un invito ad essere seguita prima di riattaccarsi al braccio del suo inconsapevole, o forse rassegnato o terrorizzato marito.
Quella notte lady Chatterille rimase rigida ed ansimante nel proprio letto, accanto a quello del marito, intirizzito da un gran freddo che strisciava fin sotto le coperte di lana e di piuma d’oca, nonostante il fuoco che ardeva ruggendo nel grande camino.
C’era qualcosa li con loro, qualcosa che osservava dal buio opprimente oltre le cortine del letto.
Lady Chatterille sorrise, estasiata.
La mattina, dopo colazione, lord Chatterille frustò personalmente il maggiordomo, un ragazzo appena ventenne, per non aver saputo riscaldare a dovere la casa prima del loro ritorno. Quella notte aveva patito un gran freddo e ricoprire di vesciche gonfie e violacee le natiche e la schiena del povero servo parve a milord l’unica reazione ragionevole, mentre milady assisteva compiaciuta e lontano, da qualche parte della casa, qualcosa gemeva accompagnando i pianti sconsolati dello sfortunato, innocente servitore.
I desideri di milady si avverarono, le persone cominciarono ad aver paura non solo di lei ma anche della sua casa.
“La magione dei Chatterille è infestata”, si andava mormorando nei salotti del tè, all’inizio con un certo divertimento perché gli inglesi hanno sempre amato e sempre ameranno le storie di fantasmi, ma questa era diversa, era pericolosa, malvagia e potente.
Certo, gli ospiti andavano lo stesso a trovare i Chatterille, prendevano il tè in compagna della signora, cenavano, discutevano di politica, festeggiavano compleanni ed ingressi in società, discutevano di affari con milord e prendevano importanti accordi nel suo studio, come sempre, ma non andavano mai da soli.
Con ogni scusa gli ospiti si trascinavano dietro parenti, amici o servitori recalcitranti e ogni volta che qualcuno di loro faceva l’errore di allontanarsi anche di pochi passi dal gruppo, di guardare in un angolo buio o di dar retta a richiami lontani e strani rumori era sempre con gli occhi pieni di lacrime e senza voce che veniva ritrovato, quando venivano ritrovati, perché alcuni non tornarono mai più.
Lady Chatterille se ne deliziava.
Di tanto in tanto Frederich, il maggiordomo, la trovava a parlare ad i muri e agli specchi con voce suadente: “Mio bellissimo, affascinante e spaventoso fantasma, ti ringrazio, tu mi stai dando tutto ciò che desidero. Ucciderei il mio amato marito e sposerei te se solo potessi e la morte non ci dividesse.”, la casa rispondeva cigolando, i muri ricoperti di quercia scura vibravano e lamenti riempivano l’aria facendo tremare fin nelle ossa il povero giovane.
Lady Chatterille rideva.
Lady Chatterille non aveva paura.
Guardava con delizia negli angoli bui, si rifletteva per ore nel vetro delle finestre e spesso veniva trovata sola e al buio in stanze in cui non aveva nessun motivo di andare.
Una volta il marito l’aveva vista danzare da sola sul ballatoio del grande salone, e una volta venne vista osservare le cose dall’alto in una nicchia del muro irraggiungibile senza una scala.
Sì, tutti ormai avevano paura di milady, tutti avevano paura della casa, fino alla sera in cui milord non prese una fondamentale decisione.
“Ho cercato di ignorare le vostre stranezze per mesi, milady, convissuto con qualunque cosa voi abbiate invitato a vivere con noi in casa nostra senza protestare, ma non crediate che questa situazione possa essere tollerata ancora a lungo. Le stanze sono gelate, il buio riempie la casa come una tomba e non posso negare che tutte le persone che sono sparite in casa nostra siano mia responsabilità.”, le disse una sera di fronte al grande camino che ruggiva per scacciare il buio ed il freddo pungente, inutilmente.
Ma lady Chatterille lo ignorò: “Mio amato marito, voi avete la fortuna di essere nato con il nerbo in una mano e i soldi nell’altra; voi apprezzate il potere tanto quanto me, amate assoggettare i nostri amici, intrappolarli con i vostri contratti, mantenere ubbidiente la servitù con una crudeltà e una durezza che io vi stimo molto”
Le labbra si erano fatte rosse come ceralacca, la pelle era candida, e gli occhi grandi.
“Voi siete come me: siete un predatore, un lupo nella notte d’inverno che si aggira in cerca di sangue caldo; non negatelo milord, io lo vedo.”
I capelli impalpabili, sciolti sulle spalle nude, le fluttuavano attorno al viso come rapiti da un vento invisibile.
“Abbandonate la paura, abbracciate il potere, andate oltre le sciocche regole e le preoccupazioni, siate lupo, strega, vampiro, entrate con me e con questa casa nella leggenda, divenite una delle storie di Nottingham, una di quelle che non fanno dormire e attanagliano il cuore degli uomini. Diverremo leggenda, diverremmo immortali.”, e dicendolo le dita bianche e magre si allungarono verso di lui, le braccia nude a quel freddo tagliente fluttuavano verso il suo volto, verso il suo collo; la bocca di lady Chatterille si fece, da sorridente, grande e scura e gli occhi di lapislazzuli, dal fondo delle orbite ormai profonde e nere, famelici e derisori.
Lord Chatterille capì che sua moglie era divenuta pazza; ma non era una pazzia immotivata, immeritata ne indesiderata, era una pazzia crudele e pericolosa ma non motivo di sconforto per lei.
Quello che abitava la casa con loro da quella fatidica notte di Natale riempiva l’aria e forse il corpo e la mente di milady, il buio si fece spesso, congelando nel terrore milord Chatterille.
Ma c’era del vero nelle parole di milady, suo marito era un predatore.
Ribellandosi alla stretta paralizzante del terrore con uno sforzo di volontà invidiabile la mano andò lesta alla spada da duello sopra il camino, la spada di suo padre, di suo nonno e del suo bisnonno prima di loro, e, disegnando un arco perfetto nell’aria densa di terrore, la punta spaccò in due il cuore nero di lady Chatterille.
Subito lei si arrestò, il buio si ritrasse come morsicato, il gelo scemò e qualcosa, nella casa, rise.
Non una singola goccia di sangue macchiò le sue costose vesti o i tappeti della loro bella casa.
Il suo cuore era ormai vuoto.
I funerali di lady Chatterille furono pomposi e molta gente venne ad assicurarsi che fosse nella tomba. La casa era tornata l’accogliente, bella magione dei suoi padri e milord cominciò ad essere più indulgente con la servitù e più amorevole con i propri amici; qualunque cosa avesse abitato quella casa ora giaceva accanto a lady Chatterille nella fredda tomba sotto terra; stava li, accanto a lei, abbracciata al suo corpo come una sorella amorevole, come un amante.
I capelli avevano il colore dei canditi di Natale, la pelle era bianca come il ghiaccio, l’abbraccio stretto in una morsa e lo spettro sorrise quando sentì muoversi sotto di se e l’anima di Chatterille si risvegliò avvinghiata a lei.
Lady Chatterille ebbe quello che desiderava: divenne ciò che voleva, vagando nelle tenebre poté tormentare i sogni degli uomini, terrorizzarli a morte, farli sparire nella notte.
Ma lady Chatterille aveva paura.