Racconti umoristici

I Topi nei Muri. cap. II°

I Topi nei muri

Il minuscolo paesino di Hexham li accolse all’imbrunire.

Il volo era stato ben più che confortevole e l’aeroplano abbastanza grande da permettere il trasporto del carrozzone di papa Lemuel e della sua automobile.

Jeremy Freeman spese la maggior parte del viaggio a parlare con il bokor di religione e di magia.

Freeman confessò al nuovo compago che portava un cognome da uomo negro perché era negro; l’aspetto da bianco non doveva ingannare chi lo voleva conoscere perché il sangue bianco del padre era forte e aveva cancellato i segni da creolo, ma così non aveva potuto fare con gli insegnamenti ricevuti dalla madre e dalla nonna materna; insegnamenti che gli avevano riferito della magia voodoo e tramandato una passione per la musica.

Si ritrovava affascinato dalla religione dei suoi antenati e gli era parso di capire che il libro consegnato loro da Curwen non fosse un trattato di storia antica.

Papa Lemuel foraggiò i suoi dubbi riferendogli di quanto il libro gli sembrasse potente ma di quanto fosse incomprensibile per chi non leggesse l’antica lingua con cui era scritto.

Ma poteva esserci una soluzione. In alto nei cieli vi sono molte strade esattamente come sono in mare ed in terra, e col sopraggiungere della modernità queste strade cominciarono ad incrociarsi con altre portando quindi a creare dei crocicchi fantasma in cielo come in mare; sui crocicchi il loa venerato da papa eLemuel sorvegliava e poteva essere richiamato; e guarda caso ne stavano sorvolando uno proprio in quel momento.

Teresa dormiva e non vide l’abitacolo oscurarsi alla nenia di Lemuel, ne vide le ghette bianche spuntare dal buio, o il cappello di seta nera rilucere nel buio alla ardente brace di un sigaro, ne il bianco teschio dipinto sul suo volto; ma sentì odore di tabacco bruciato.

Papa Legba si presentava come un negro incredibilmente di bell’aspetto dal sorriso scaltro e seducente e le vesti moderne del gran gala; il petto nudo sotto la giacca del frac, la sua voce affabile e sensuale resa fioca dalla distanza che andava aumentando con lo spostamento aeromobile dal crocicchio celeste.

Legba, signore dei crocicchi e di tute le porte, custode della saggezza universale, della magia e delle lingue, inclusa quella scritta nell’antico manoscritto.

Sanscrito antico; l’antica lingua da cui discendono i ceppi linguistici indoeuropei e completamente sconosciuta ai nostri.

Legba avrebbe potuto dare loro una traduzione, se solo il suo devoto e protetto avesse trovato un crocicchio adatto ad uno scambio tanto raro.

Legba sorrise anche al giornalista con il proprio sorriso caldo esprimendo la sua felicità di poterlo vedere di persona date quante volte l’anziana nonna aveva mandato le proprie preghiere per proteggere l’amato nipote J.J. Un ragazzo dall’aspetto di un bianco ma dall’anima di un nero.

La luce tornò nella cabina lasciando J.J. attonito e lusingato per il resto del viaggio.

Le strade diroccate per Hexham si presentarono parzialmente coperte di neve e il paesino retrogrado li accolse con le luci a gas di un’unica locanda che ammutolì alla vista dell’incombente negro dagli occhi di ghiaccio e il suo seguito.

Gli scozzesi non sono però gente che si perde d’animo e accolsero il trio con il calore tipico di quelle terre brulle con un’abbondante cena e ottima birra locale.

Il Barone di Hexham Priory era giunto poco più di un anno prima e aveva preso possesso dell’antico castello di famiglia che incombeva da sempre su quelle vallate silenziose da che gli abitanti e i loro antenati avessero memoria. Il Barone era un uomo giovane e moderno dai modi estremamente garbati ed affabili e li avrebbe sicuramente accolti con tutte le cerimonie del caso.

I tre si arrampicarono con l’automobile di papa Lemuel sulla collina su cui il castello di Hexham Priory dominava la vallate. Non era con la parola “castello” però che si potesse descrive quell’abominio. Una struttura informe, aleatoria alle più basilari regole dell’architettura moderna, spingeva le sue estremità a coprire la sommità dell’intera collina. Un torre spiccava sopra quell’ammasso di stili architettonici; Jeremy potè notare che la torre era rinascimentale, così come l’ultimo e il secondo piano, il primo piano medioevale mentre la base di epoca romanica; chissà quante grandi epoche storiche il castello aveva visto, chissà quali pietre, di quale foggia ed epoca, erano le radici di quel palazzo basso, acquattato come un enorme rospo sulla cima della collina stagliatasi contro la luna.

Un maggiordomo aprì loro la porta del castello e il Barone si presentò loro molto stupito della loro visita ma anche molto cortese ed ospitale. Il Barone di Hexham portava il nome di Willaim Delapore era bicromo di occhi e più giovane di quanto i nostri si aspettassero. Si dimostrò molto imbarazzato quando papa Lemuel gli riferì del motivo della loro venuta senza alcun preavviso; il loro datore di lavoro li aveva mandati a parlare con un vecchio amico, il Barone Delapore, per l’appunto; che William si sforzo di spiegare, costernato, che quello non poteva essere lui ma che il datore di lavoro intendesse il decano della famiglia Delapore, suo bis nonno, morto ormai più di cinquantanni prima.

Non poteva essere possibile. Come poteva essere che Curwen non ne sapesse nulla? E anche ammettendo l’estrema vecchiaia del ricco mecenate, quanti anni avrebbe dovuto avere per stringere un’amicizia oltreoceano nella fine dell’ottocento?

Questi dubbi però non giunsero alle labbra di papae Lemuel di Teresa o di Jeremy Freeman.

Il Barone li invitò a restare senza troppe esitazioni; se erano giunti fino a li da tanto lontano l’ospitalità scozzese non poteva permettere che tornassero semplicemente sui loro passi senza nemmeno aver prima provato ad aiutarli nella loro ricerca.

William raccontò loro di quanto si stesse impegnando ormai da un anno nella ristrutturazione del castello che all’interno risultava molto più moderno e confortevole di quanto da fuori non sembrasse poco più che un antico rudere. Pannelli di legno pregiato coprivano le fredde pareti di pietra, i pesanti tendaggi di broccato e di velluto erano stati cuciti apposta per vestire le alte finestre, le scale in legno e pietra sostituite da più sicure in marmo e l’arredamento originale restaurato da maestri artigiani di Edimburgo.

Grandi lampadari in ferro battuto a candela facevano bella mostra di sé stessi sui soffitti a volta, ma il Barone non aveva voluto rinunciare alle più basilari tecnologie moderne applicando alle pareti delle più moderne lampade a gas. L’Elettricità non giungeva fino a quel borgo sperduto, spiegò ai propri ospiti.

Gli arredi e i suppellettili erano originali dell’epoca del bis nonno, quando un anno prima aveva ripreso possesso del castello lo aveva scoperto curiosamente integro; nessuno era entrato per sottrarre i beni di famiglia, ogni cosa era al suo posto fin da quando il padre di suo padre, ultimo discendente dei Delapore, aveva abbandonato quei luoghi per la più ricca e moderna America, dove William era cresciuto.

La serata scorse piacevole; il Barone era uno splendido padrone di casa, curioso, gentile e attento.

Il bokor ed il giornalista spiegarono più a fondo del motivo del loro viaggio; Mr. Curwen aveva loro affidato un antico libro che doveva essere messo al sicuro da mani avide; Hexham Priory doveva essere il luogo dove avrebbero trovato aiuto, ma se William nulla sapeva del nonno il loro viaggio era terminato ancora prima di cominciare. Il Barone li invitò a non perdersi d’animo; vi erano ancora tante stanze inesplorate nel castello e propose loro un patto; se lo avessero accompagnato nell’esplorazione di Hexham Priory avrebbe messo loro a disposizione tutto ciò che fossero riusciti a trovare sul bis nonno. Il castello nascondeva molti segreti e forse anche una pista per la loro ricerca.

La cena fu ottima ed abbondante, la servitù li spiava con curiosità dalla porta della cucina e le stanze che vennero loro mostrate erano antiche ma ristrutturate nel più pregevoli dei modi; anche se Teresa non pote non sentire qualcosa che grattava insistentemente dietro i pannelli di legno dei muri e Jeremy non riuscì ad apprezzare i bizzarri quadri con le strane e truculente scene di caccia ribaltata che ornavano la stanza.

Subito dopo cena i nostri avevano chiesto quale fosse il circolo di dolmen più antico e più vicino per, spiegarono, accompagnare Teresa ad onorare i suoi dei quella notte.

Papa Legba aveva chiesto un circolo degno di uno scambio, cosa c’era meglio di un circolo di dolmen in quella terra antica? Questo spiegò Legba ai nuovi amici quando giunsero al circolod i peitre sotto al luna. Lemuel fece i propri rituali e le proprie richieste e non dovettero aspettare a lungo che l’abbaiare di un cane si avvicinò a loro accompagnando un vecchio cieco con un carretto, un carretto di libri. Il vecchio misterioso vendette loro un’antica traduzione da un antico libro e tornò nell’oscurità da cui era arrivato. Il libro di Dzyan, tradotto in inglese corente.

Il giorno dopo J.J. Avvertì i compagni e scese in paese per effettuare alcune indagini sul maniero dei Delapore e sui suoi bizzarri abitanti.

Un anziano interessato alle sue domande ne approfittò per farsi offrire un boccale di birra alla taverna del paese e snocciolare tutti i segreti di Hexham Priory e la famiglia del Barone Delapore.

Lemuel aveva declinato l’invito a dormire nel castello e aveva passato una notte serena; passò la mattinata col Barone mentre Teresa dormì tutta la mattina, esausta dal viaggio; Lemuel fù con sorpresa che vide la faccia soddisfatta di J.J spuntare per pranzo con un’espressione enigmatica.

Il vecchio aveva fatto viaggiare parecchio la lingua raccontandogli stranezze che avevano messo in guardia Jeremy.

I Delapore erano una famiglia antica, così antica che nessuno nel paese ricordava il loro arrivo e gli antenati raccontavano già nell’antichità di aver posato le prime pietre del villaggio che il castello era già antico. Non era un castello, per la verità, era stato trasformato da luogo di culto, a roccaforte, a priorato cristiano nel XI secolo. I Delapore giunsero in quel periodo e occuparono il priorato trasformandolo nella loro magione.

La famiglia era numerosa, molto più numerosa del consono, decine erano i fratelli e le sorelle e difficilmente un Delapore abbandonava Hexham e quelle valli per matrimonio, succedeva però il contrario, molti nobili scozzesi erano stati assorbiti dalla famiglia; e poi c’era stato l’incidente.

William, il giovane Barone, non ne era ancora venuto a capo, e nessuno nel paese aveva intenzione di rompere il silenzio per informarlo delle atrocità della sua famiglia per non turbarne l’entusiasmo e il cuore gentile; ma i Delapore erano stati trucidati in una singola notte.

Il bis nonno dell’attuale barone, Walter Delapore, era un uomo terrificante e severo oltre ogni limite, il decano della famiglia, rispettato e venerato dai suoi come un dio in terra.

Una notte avevano sentito grida strazianti provenire dalla magione e il più giovane figlio di Walter, Alfred Delapore, fuggire in groppa al suo cavallo come fosse inseguito dal demonio.

Quando erano andati a accertare lo stato di salute dei loro padroni gli abitanti dell’abitato erano rimasti raggelati.

Tutti erano stati uccisi, in modi barbari e spaventosi.

Ogni singolo membro della famiglia; fanciulle, infanti, giovini e vecchi erano morti nel loro sangue che riempiva le camere da letto e le sale.

Fuggirono, nulla fu toccato, si occuparono di inviare i corpi Edimburgo per seppellirli e sbarrarono ogni entrata ed ogni uscita con robuste assi di lignea quercia. Nessuno si era mai più avvicinato all’insana Hexham Priory, fino al giorno in cui il giovane William non aveva fatto la sua comparsa.

Questo fù quanto Jeremy riferì ai compagni d’avventura. Hexham Priory era un luogo nefasto e avrebbero scoperto per quale motivo.

Quando Teresa si svegliò era oramai pomeriggio; delle strane grida lontane l’avevano tenuta sveglia tutta la notte e il raspare dei topi dietro i muri aveva reso inquieta la sua nottata.

Dopo una rapida colazione servitale dal fedele maggiordomo del barone, la giovane trovò i compagni e un entusiastico Barone pronti per la prima esplorazione lungo i fatiscenti corridoi di Hexham.

Il primo piano e parte del secondo avevano subito forti restauri ed erano quasi del tutto agibili; ma dalla rampa di scale del secondo in poi nessuno aveva ancora scoperto nulla.

I corridoi inesplorati di Hexham Priory si rivelarono molto antichi; Jeremy aveva osservato il magnero dall’esterno con molta attenzione assieme al vecchio paesano che gli aveva spiegato come la vecchiezza del singolare edificio fosse facilmente constatabile dai vari stili utilizzati nei secoli per ampliare quell’abominio ad ospitare l’innumerevole prole dei Delapore.

Jeremy si era scoperto molto incuriosito dalle fondamenta dell’edificio che parevano romaniche, spingendolo a chiedersi quanto in profondità le radici della casa si spingessero nella nera terra delle Humberland, quanto antiche fossero e quali segreti nascondessero alla vista.

Parti del soffitto erano crollate, i detriti coprivano quasi del tutto il camminamento e i corridoi si rivelarono ben presto un’intricato labirinto di scale e mezzi piani difficilmente individuabili dall’esterno. Ovunque facevano bella mostra di sé arazzi e antichi quadri ad olio; scene truculente di caccia, antiche divinità romane nei loro panteon, motti in latino fra cui spiccava, ripetuta ossessivamente:“Cibele Magna Mater”

Ma ecco che ai loro occhi sempre più incuriositi si aprì la stanza più enigmatica di tutte; di fronte a loro occhi una ricca sala decorata d’oro e affreschi alle pareti al cui centro faceva bella mostra di sé un trono. Esso era in pregiato legno ricoperto da spesse foglie d’oro, due teste di lupo latranti facevano la guardia.

La scoperta sconvolse il giovane Barone; se i suoi antenati si credevano dei Re perché nonno e padre non gliene avevano mai parlato?

Teresa, che come infermiera era indubbiamente quella con l’udito e il tatto più sviluppati, si occupò di frugare nella stanza del trono fino a trovare una corda collegata a pulegge che venne prontamente tirata rivelando un passaggio dietro l’ambiguo scranno.

Una stretta scala di legno consumato saliva come unico passaggio verso la cime della enigmatica torre di Hexham.

Una piccola, ma strapiena, biblioteca di testi antichi scritti a mano in inglese, francese, latino, celta e gaelico.

Papa Lemuel e Jeremy si misero subito al lavoro mentre il Barone si sedeva, stordito sull’unica seduta disponibile; questa si mosse sotto di lui facendolo cadere in un’apertura nel muro e sparire agli occhi dei suoi ospiti.

Una seconda scala, ancora più angusta della prima, conduceva fino alla cima della torre; fù Teresa ad interessarsene lasciando il turbato William alle cure dei compagni.

Jeremy e Lemuel non parlavano latino, ne tanto meno gaelico o l’antica lingua dei celti, ma il francese e l’inglese invece sì. Quanto era antica la famiglia Delapore? Questa domanda ossessionava Freeman; come poteva Josep Curwen essere ancora invita per raccontare di aver conosciuto un uomo morto cinquantanni prima e discendente di una famiglia che non muoveva mai i propri passi dalla magione e dalle terre di famiglia?

La risposta doveva essere fra quei manoscritti; un diverso pensiero dominava invece la mente di papa Lemuel: chi era la Magna Mater?

Conosceva alcune delle divinità romane e greche dell’antichità, e sapeva che molti culti erano andati perduti o cancellati nei secoli, ma mai aveva sentito nominare Cibele; i Delapore la veneravano?

Le risposte balzarono agli occhi di entrambi.

Teresa si avventurò cautamente fino in cima alla torre sui piccoli gradini di legno; uno scrittoio con un’unica stretta finestra era tutto ciò che l’antica torre celava. La giovane cercò nei cassetti fino a trovare, in un piccolo doppiofondo, un diario su pergamena.

Il decano della famiglia, Walter Delapore aveva avuto una bella grafia e un grande entusiasmo per la propria famiglia e il proprio culto; culto che doveva essere onorato essendo tutto ciò che aveva permesso loro di sopravvivere dall’antica Roma in quelle terre di selvaggi e poi di prosperare d arricchirsi oltre ogni limite immaginabile. Una famiglia potente e ricca, messa in pericolo dalla mente, a dire del Barone, perversa di uno dei suoi figli più giovani appena ventenne, uno dei più amati e da cui più si aspettava; il ragazzo ha qualcosa in mente e trama di nascosto dalla famiglia; forse brama di uccidere il vecchio padre.

Ecco svelato il mistero del massacro e della fuga del nonno di William da quel castello e da quella famiglia; aveva provocato l’eccidio famigliare ed era fuggito all’estero senza mai parlarne, senza mai ammettere il fatto per poi fuggire oltre oceano e mai più tornare nelle terre paterne.

“Non mostrate questo scritto al giovane William, se desideri che viva; il suo cuore non reggerebbe” sussurrò una voce amica dal buio.

Qualche metro più vicino al marcio terreno di quella collina infestata, Jeremy e Lemuel frugavano fra i libri e le carte della piccola biblioteca; uno scritto balzò agli occhi del giornalista: non era firmato ma era in inglese, anche se un inglese un po’ arcaico, e recitava l’oscura ossessione della famiglia per la Magna Mater; il culto dionisiaco scacciato dalle antiche terre mediterranee per la perversione della gran madre delle belve di richiedere sacrifici umani e l’evirazione dei suoi sacerdoti.

Cibele, la grande madre delle belve, la Magna Mater, desiderava il sangue dei suoi fedeli, dei suoi ultimi fedeli. Ella era grande, terrificante, feroce, oscura e affamata, Cibele, grande madre delle Belve, nostra signora dell’oscurità, nostra padrona a te ci affidiamo, a te che tutto dobbiamo, prendi i nostri figli, nutriti della nostra stesa carne, bevi il nostro sangue; Cibele, grande madre delle belve…

Jeremy si era forzato di non leggere ad alta voce, ma on era la sua voce quella che recitava nella piccolo stanza diroccata, non era nemmeno la voce di William Delapore dal quale la voce giungeva; era la voce di un uomo vecchio, qualcuno che non se ne era mai andato.

Il fantasma di Walter Delapore si rivelò loro nel buio della stanza; i lupi ulularono famelici nelle campagne e il ghigno malvagio del grande vecchio sovrastava, fluttuando, il corpo svenuto del pronipote.

Ma un uomo come papa Lemuel non può venir sovrastato dalle forze dei morti; con un colpo di bastone, che rimbombò sull’antico pavimento di pietra, papa Lemuel richiamò i propri Dei.

Un Dio della morte avrebbe molto apprezzato poter recuperare un’anima antica come quella di Delapore sfuggita alla fredda tomba; quel dio era Barone Samedì di cui i nostri videro solo le lunghe mani in guanti bianchi e il sorriso mellifluo bucare la densa oscurità per carpire le spalle della vecchia, malvagia anima del Barone di Hexham che venne trascinata lontano dalle proprie terre che, troppo a lungo, aveva posseduto.

Il giovane e gentile Barone di Hexham venne portato a braccio fuori dalla torre; Teresa lanciò il diario del bisnonno nel primo camino acceso e si occupò della salute dell’ospite che venne portato nel suo letto e rincuorato da sali e liquori forti.

Rinvenendo non diede segno di ricordare i recenti accadimenti nella torre, ma rimase comunque turbato dal ricordo della scoperta del trono dorato e della piccola biblioteca che papa Lemuel si era premunito di bruciare col fuoco della torcia.

Il fedele maggiordomo e la servitù si presero cura del loro padrone e dei suoi ospiti con gratitudine fino al giorno seguente, quando i nostri decisero di scoprire tutti gli orrori di Hexam e portarli alla luce una volta per tutte.

Il vecchio chiacchierone intervistato da Jeremy aveva accennato a delle cantine e ad un passaggio che era stato murato all’epoca dei fatti del massacro; lì, forse, ogni loro domanda avrebbe trovato una risposta.

Un grosso gatto grigio cominciò gironzolare attorno alle caviglie di Teresa e sul letto del Barone il quale promise di non fare avventatezze e restare a riposo per i giorni a seguire.

Nigger-man era il suo nome e amava il suo padrone con devozione, rifiutandosi di lasciare le sue stanze nei giorni seguenti.

Durante il pranzo Freeman fece valere le proprie qualità di giornalista con una telefonata ad Edimburgo; un amico lavorava nella sede del giornale e, da bravo scozzese, avrebbe potuto facilmente aiutarli trovando per loro degli onesti cittadini robusti in grado di affrontare qualunque orrore i sotterranei di Hexham Priory nascondessero.

Gli aiuti, difatti, non tardarono ad arrivare nel tardo pomeriggio quando due robusti ragazzotti dalle facce di chi non fa domande si presentarono, cappello in mano, alle porte della magione.

Ma Jeremy non fu l’unico ad attuare piani per affrontare gli orrori di Hexham; papa Lemuel fece chiudere la porta della cantina con chiave e chiavistello, tracciò i giusti segni sulla gelida pietra coi propri gessetti, invocò le dovute preghiere ed offrì i vini migliori della cantina alle entità che lo raggiunsero.

Gonne di pizzo bianco frusciarono nell’oscurità, profumi esotici riempirono l’aria e i canti, e i suoni, e le nenie di New Orleans comparvero dall’aria saturando l’atmosfera. Teresa venne invitata a ballare da suadenti mani nere e la musica seducente riempì ogni angolo della cantina. Le inumane, lontane grida che provenivano dai remoti angoli sotto Hexham Priory vennero tacitate dalla musica e dall’alcol. Un festa pagana in cui i nostri si persero fino a sentirsi sprofondare nel pavimento di pietra; Jeremy poté sentire una benedizione cadere su si lui, la gamba smise di dolergli; Teresa sentì il cuore, il suo incerto, instabile cuore vacillante, rafforzarsi e indurirsi come quello di un leone e fu con questo spirito che aprirono agli aiuti da Edimburgo e si addentrarono nel fondo delle cantine.

La solida porta di quercia inchiodata venne abbattuta dai bruti armati di piede di porco e dall’altra parte

non vi era nulla.

Sul fondo della cantina vi era solo un solido muro di pietra. Solo le sottili e intuitive dita di Teresa riuscirono a scoprire l’arcano; un muro era stato costruito davanti all’ingresso lasciando solo due piccoli passaggi a lato di esso che si nascondevano bene nel muro adiacente creando l’illusione a chi guardasse che le persone scomparissero nel muro.

Dopodiché molti gradini in pietra scendevano nelle tenebre e nel freddo; gradini che poi divennero scavati nella pietra; consumati fino allo sfinimento da migliaia di piedi che avevano sceso e salito nei secoli quel lugubre cunicolo. Dovettero scendere molto e a lungo, fino a dover usare la discesa come uno scivolo e fu su di un tappeto di ossa che si ritrovarono seduti.

Migliaia di tonnellate di ossa bianche ricoprivano il fondo della immensa grotta che si estendeva di fronte a loro. Le volte del soffitto in pietra erano buie e oscure; le ossa parevano, agli occhi esperti di Teresa, ossa umane ma così modificate e distorte da essere quasi irriconoscibili. Le creature un tempo viventi cui questi resti appartenevano non dovevano rassomigliare a uomini più di quanto potesse rassomigliare ad un uomo un porco.

Piccole costruzioni erano appena visibili nell’oscurità: quello che poteva sembrare un piccolo tempio votivo romanico, un cerchio di pietre alte e lunghe con un altare di pietra al centro incrostato di sangue raffermo, una barcollante struttura in legno, ed altro, in lontananza, nel buio.

Fù con un balzo che Teresa sfuggi all’ondata di ossa che, come onda di marea, si infranse ai loro piedi. I topi. Centinaia di topi che invadevano le mura di Hexham avevano lì la loro casa, sotto le ossa, e cercarono di aggredire le caviglie di Teresa e di Jeremy.

Non erano però soli; presto le luci di tanti piccoli occhi si accesero attorno a loro e finalmente poterono vedere gli antichi abitatori, coloro le cui grida e grugniti disumani avevano tenuto Teresa sveglia, quello che rimaneva della potente e antica famiglia Delapore.

I volti parevano grugni, si muovevano, totalmente nudi, a quattro zampe; gli occhi porcini e quasi ciechi bicromi; denti che si erano trasformati in zanne e dita corte e tozze che raspavano fra le ossa di fratelli divorati anni prima.

Questo era il segreto dei Delapore, a questo servivano i campi e gli orti che ricoprivano le colline dietro la magione, per questo i matrimoni in famiglia, per questo le decine di figli; sacrifici a Cibele, sacrifici che erano stati tramutati in subumani dai loro stessi genitori, dai loro stessi fratelli; da questo derivava il potere dei Delapore; Cibele veniva pagata in sangue, in cambio dava fortuna, potere, ricchezza e tutto ciò che la famiglia degenere era stata al culmine della propria forza; una forza generata dal sangue dei propri figli.

I nostri lottarono strenuamente; Freeman spaccò diversi di quei crani porcini col proprio bastone, Blackmore fece cadere su di loro la maledizione die gemelli, Teresa soccorse le loro ferite, gli scagnozzi lottarono contro quei mostri con bastoni e le nude mani. Dopo molti minuti di lotta e di assedi i ciqneu si trovarono nell’oscurità e nel silenzio più assoluti; gli uomini di Edimburgo vennero mandati fuori da quell’incubo per primi ma una tenue luce verde ancora attirava papa Lemuel dall’altra parte dell’immensa grotta. La luce si sprigionava da sotto l’altare del piccolo tempio romanico; un affresco cruento faceva bella mostra di sé sull’unica parete di quella decadente rovina, Cibele, circondata da lupi e iene e leoni, osservava famelica l’altare su cui così tanti figli dei Delapore erano stati inumanamente sacrificati, evirati e cannibalizzati. Quale disgustos culto il nonno di William aveva terminato quella notte quali orrori avevano incrinato la sua mente, da quali mostri aveva liberato le terre di Scozia?

Jeremy spinse la spessa lastra di pietra dell’altare; un rivolo di aria fresca veniva dalle profondità del terreno. Quanto ancora affondava Hexam Priory nelle viscere della terra?

Oltre, solo il buio, e un lontano scialacquare d’acqua.